LA PASSIONE DI CRISTO
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LA PASSIONE DI CRISTO
Siamo stati tutti più o meno educati alla religione cattolica e quindi tutti abbiamo un’idea abbastanza condivisa del rito della Pasqua (che significa passaggio) cristiana.
Ci è stato insegnato che Gesù viene condannato a morte tramite crocifissione e poi risorge il terzo giorno.
La spiegazione “religiosa“ e teologica di questo passaggio della vita di Gesù è che Gesù è “morto per i nostri peccati” , vale a dire per redimere i nostri peccati attraverso la sua ingiusta condanna e la resurrezione rappresenta il completamento dell’opera della salvezza operata da Dio stesso attraverso Gesù.
Non voglio entrare ora in questa analisi del processo salvifico del Cristo…posterò qualcosa in questo senso in altro contesto, ma desidero darvi una lettura più psicologica ed esistenzialista del racconto evangelico.
I due momenti, quello della passione e della resurrezione sono paradigmi di due stati esistenziali della vita di ognuno e ben rappresentano i percorsi personali che ognuno di noi è chiamato a percorrere.
Il rito del passaggio attraverso il dolore, la prova, è una costante non solo dell’Ebraismo, ma di tutte le principali tradizioni spirituali.
Notate il susseguirsi degli avvenimenti nel Vangelo. Alla domenica delle Palme a Gesù viene riservata l’accoglienza di un re...Gerusalemme è in festa per l’entrata del Messia e in questa fase Gesù ottiene quello che oggi diremmo un successo personale, un vanto terreno, una gloria personale. E’ il momento del riconoscimento del “mondo”. La gente lo osanna per le strada..”Osanna la figlio di Davide” .
Poi…Gesù comincia a parlare e comincia a dare fastidio….la verità taglia come una spada…chi vuole accoglierla va’ da una parte, chi vuole rifiutarla va’da un’altra. La vita di Gesù assume il paradigma della vita di ognuno di noi….veniamo accolti con piacere e cortesia…non ci conoscono, e tutti pensano che saremo lì per dire cose carine e condivisibili, ma poi accade che abbiamo delle idee, dei valori e questo crea conflitti…cominciano così le sofferenze , le accuse, i tradimenti, le menzogne…il vasto arco delle nefandezze umane si dispiega a difesa dei propri microegoismi e il dolore sopravviene. Ecco che ad un certo punto della nostra vita, arriva l’ostracismo, la rottura, l’abbandono, il dolore si fa intenso…le forze della vita non ci sono più amiche e sperimentiamo la nostra crocifissione. A volte ce la procuriamo da soli…ci eravamo illusi che tutto potesse sempre andare secondo i nostri piani…ed invece……
Questo è il momento del passaggio del crogiuolo del metallo da cui si deve estrarre l’oro puro. Dobbiamo vivere la nostra passione e crocifissione fino alla fine , fino alla morte, alla morte definitiva di quello che volevamo prima dalla vita…il nostro progetto di vita perfetta, plasticamente hollywoodiana.
Quando giungiamo alla morte, alla estinzione delle aspettative che ci eravamo posti…giungiamo al fondo del barile, al livello zero. E’il momento della depressione, del silenzio carico di dolore…è il sabato che precede la domenica. Rimane solo da portare un mazzo di fiori alla tomba della vita che non c’è più, quella che abbiamo perso.
Ma poi….non avendo più possibilità di tornare indietro, di recuperare la gloria dei giorni delle Palme…non ci resta che….lasciarla andare, accettare che non esiste più. Ci rendiamo conto che poggiavamo la nostra felicità su cose e persone che cambiano, spariscono, tradiscono, muoiono.
E scopriamo che possiamo ancora vivere ed essere felici. Si può essere felici in un modo non condizionato, non vincolato, ma immutabile ed immortale. La vita torna, mutata, non più condizionata, ma sussistente in sé stessa, senza necessità di gloria e riconoscimenti.
Se a questo arriviamo, arriviamo alla Resurrezione. E siamo liberi dal “peccato”.
Ed è per questo che l’angelo dice: perché cercate tra i morti (coloro che vivono nell’illusione) colui che vive?
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